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RÉCHAUFFEMENT CLIMATIQUE

L'article de l'Avvenire

La tutela dell'ambiente non è un freno allo sviluppo
(traduction à venir...)
Il cardinal Martino invita a «esaminare con attenzione i fattori naturali e umani che contribuiscono» a soffocare il Pianeta . Monsignor Crepaldi: la preoccupazione principale della Chiesa è la crescita dei Paesi Poveri

Da Roma Riccardo Cascioli

Sarà anche una coincidenza: fatto è che ieri sera, al termine della prima giornata di studio in Vaticano sul clima, su Roma è scesa improvvisa una benefica pioggia, tanto attesa quanto imprevista, quasi a placare gli allarmi per l'emergenza siccità. Non è certo la soluzione al problema, ma è senz'altro un piccolo segno di benevolenza del Creatore. Altro segno, di diverso valore, ma molto importante è proprio la Conferenza internazionale su «Cambiamenti Climatici e Sviluppo» apertasi ieri a Roma a cura del Pontificio consiglio Giustizia e Pace. È la prima volta che a questo livello si confrontano le diverse posizioni scientifiche ed economiche sulla questione dei cambiamenti climatici che, come ha ricordato il cardinale Renato Martino, presidente di Giustizia e Pace, aprendo i lavori, è una questione «al centro dell'agenda della Comunità internazionale e di moltissimi governi nazionali, è oggetto di appassionate dispute tra scienziati, è all'attenzione vigile e preoccupata, di un'opinione pubblica troppo spesso disorientata». La scelta oculata dei relatori e del pubblico invitato alla discussione (una settantina di esperti da tutto il mondo per un seminario a porte chiuse) dimostra che la Santa Sede non intende semplicemente fare da amplificatore agli allarmi sul clima che quotidianamente vengono lanciati da organismi internazionali o singoli governi, malgrado ci siano molte pressioni in questo senso. È lo stesso cardinal Martino, in una dichiarazione ad Avvenire, a mettere in guardia dal «pericolo dell'allarmismo»; è invece «giusto che gli scienziati esaminino attentamente i fattori naturali ed umani che contribuiscono ai cambiamenti climatici». Avendo be presente però, ribadisce il porporato, che il dominio dell'uomo «sul creato, voluto da Dio, non deve essere dispotico e dissennato», mentre «la tutela dell'ambiente, anche in funzione dello sviluppo, costituisce un dovere comune e universale, nel rispetto di un bene collettivo destinato a tutti».
Nella pr ima giornata di lavori, alla visione catastrofista del ministro britannico per l'Ambiente, David Miliband, e dell'ambasciatore francese per l'Ambiente, Laurent Stefanini, nonché del fisico tedesco Stefan Rahmstorf, hanno fatto da contraltare le relazioni del professor Antonino Zichichi, dell'economista Indur Goklany (distribuita la sua relazione perché colto da malore prima di partire per l'Italia), di Craig Idso e dell'esperto di questioni energetiche Claudio Rafanelli. Il ministro britannico ha posto la questione dei cambiamenti climatici in termini etici perché «deve cambiare il modo di vivere, di lavorare e di viaggiare» in modo da ridurre le emissioni di gas serra, e per questo ha insistito sulla necessità di un vero e proprio «mercato dell'anidride carbonica» in modo da stimolare la trasformazione dei sistemi produttivi attraverso la tassazione delle emissioni.
Dirompente l'intervento del professor Zichichi, che ha invece contestato l'attendibilità scientifica dei modelli climatici, quelli proposti dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc, l'organismo dell'Onu che si occupa dei cambiamenti climatici). «Il clima è un sistema complesso - ha detto Zichichi - e allo stato attuale delle conoscenze non si può escludere che il riscaldamento globale sia un fenomeno in cui l'uomo c'entri poco o nulla». Il problema è, ha proseguito, che la questione «non resta nell'ambito di una discussione tra scienziati, ma è stata usata in modo tale che l'opinione pubblica ha la sensazione che siamo in grado di spiegare il clima del passato, del presente e del futuro. Niente di più lontano dalla realtà».
L'attesa sessione del pomeriggio era dedicata all'impatto economico dei cambiamenti climatici e delle politiche sul clima. Monsignor Giampaolo Crepaldi, segretario di Giustizia e Pace, ha sottolineato che la Chiesa ha come «principale preoccupazione lo sviluppo dei Paesi poveri». Il riscaldamento globale non può diventare un pretesto per impedire lo sviluppo del Terz o mondo né - come ha poi ripreso il cardinal Martino - per promuovere politiche di controllo delle nascite. Del resto la relazione del professor Goklany sottolinea che l'impatto globale dei cambiamenti climatici sulle minacce per l'umanità - denutrizione, malaria, mancanza di accesso all'acqua - sarà limitato rispetto ad altre cause politiche, economiche e sociali. Altra questione cruciale è quella dell'energia, un tema che Benedetto XVI ha già toccato diverse volte nei suoi discorsi. Come ha detto il professore Rafanelli, del Centro internazionale per le Scienze della Terra, la questione energetica va divisa dai cambiamenti globali. Per uscire dal sottosviluppo è fondamentale l'accesso a fonti energetiche a basso costo.

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